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Anna Sidoti 21/06/2020 4 minuti
Foto di Apertura @Chris Carroll/Corbis
Le cover, quei brani musicali che prendono un’altra forma rispetto all’originale, pur rispettandone le radici. Quelle che cambiano sfumatura, strumento, voce e diventano altre storie, quasi altra musica. Quali sono le canzoni che “ommioddio è impossibile fare di meglio”, per voi? E se vi dicessi che le cover nello scenario musicale non vanno viste (pardon, ascoltate) come “migliori” o “peggiori”, bensì come un altro modo di raccontare la stessa storia? Quindi spogliatevi dei pregiudizi e ascoltatevele tutte.
Kate Bush la cantava con le tipiche sonorità degli anni ottanta, quelle un po’ alienate dai sintetizzatori e dall’interpretazione dell’eccentrica cantante; si narra che la donna parlasse di uno scambio di ruoli tra maschio e femmina per potersi capire a fondo. Ma il modo di cantare un brano a volte fa pesare diversamente il testo e dunque ecco i Placebo, con un’atmosfera più oscura, a parlare del “patto con Dio” e ripetere quasi come litania “if I only could, be running up that hill” alla fine, come se fosse impossibile arrivarci, su quella collina. Dall’altra parte i Within Temptation realizzano una cover dalle sonorità più orientali e prepotentemente metal, dando carica ed energia a differenza della versione originale e quella dei Placebo, grazie anche alla bellissima voce della cantante. Impossibile dunque, scegliere la miglior sfumatura per questo brano, a pari merito.
Può mai una canzone italiana superare per interpretazione e testo, l’originale inglese dei Depeche Mode? Ebbene, Morgan e i suoi Bluvertigo ce l’hanno fatta, perlomeno per me. Complicità non è una vera e propria cover nel suo significato più tradizionale, ma una libera interpretazione di Here is the house, del quale conserva la composizione musicale ma ne cambia il testo, rendendolo pura poesia e una canzone d’amore, una ballata rock melodica da far sognare.
Fred Buscaglione ha interpretato questo brano nel lontano 1959, una tipica canzone melodica italiana con una voce maschile rotta dalla malinconia e dall’amore. Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, gli unici interpreti che formano il duo Musica Nuda, violoncello e voce, stravolgono il brano rendendolo donna, potente, un canto disperato, una tecnica formidabile e un minimalismo musicale che ha reso il brano più famoso di quanto fosse l’originale.
Chi pensa che il capolavoro dei Massive Attack fosse già perfetto di suo ha ragione, ma c’è qualcuno che è riuscito a farlo proprio e portarlo sotto un’altra ottica; la vocalist donna viene sostituita dalla voce calda e piena di un uomo, mentre la composizione new wave si fa strada prepotentemente rimanendo nella mente dell’ascoltatore come un incantevole loop.
La canzone è conosciuta sicuramente anche dalla casalinga della provincia di qualche comune italiano sperduto, è un evergreen della musica internazionale e i Beach Boys non potevano che meglio sperare che un serioso e straordinario gruppo proveniente dallo scenario metal lo coverizzasse. I Blind Guardian sono ironici e brillanti e in questo brano si divertono come chiunque altro lo canti. Se non altro i metallari più accaniti non dovranno più nascondersi per ascoltare questa canzone.
Brano intoccabile di uno dei miti della musica. È impossibile emulare Kurt Cobain, il suo timbro particolare e il dolore e la rabbia impressi nei suoi testi e nell’uso della sua voce. Fortunatamente le cover non sono imitazioni ma elaborazioni e Tori Amos, altra colonna sacra delle sette note, rende giustizia al defunto interprete, prendendo Smells like teen spirits e trasportandola sul suo pianoforte, che suona come fossero i tasti di sé stessa. Guardarla eseguire questo brano coinvolge ancora di più grazie al suo trasporto, la voce melodiosa e la petit mort che accompagna ogni fraseggio. Se Kurt l’avesse ascoltata, l’avrebbe decretata miglior cover.
Ritorniamo al duo rock-anni 80; i Duran Duran in compagnia del sintetizzatore, cantano questo brano in maniera quasi inquietante, ed i Deftones nel loro album B-Sides E Rarities decidono di conservare proprio l’identità della canzone, ma con la chitarra elettrica come strumento principale, che accompagna la decisa voce ed il timbro pulito del cantante dei Deftones. Da preferire quasi all’originale.
I Depeche Mode per essere coverizzati vanno reinventati, in quanto sonorità abbastanza difficili da emulare e superare, perciò i Shiny Toy Guns riescono a renderla deliziosa e particolare piazzandoci un duetto: voce maschile e femminile ad alternarsi nel testo, quasi come a voler formare un dialogo, il vedersi “stripped down to the bones”. Mentre il synth-pop va, e colpisce. Da segnalare anche la più dura, rude e violenta cover del gruppo tedesco Rammstein.