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Ivan Conte 28/07/2019 4 minuti
Io non sono bravo a giocare, specialmente in multiplayer. Certo non rientro nemmeno nel novero delle pippe cosmiche, ma quando vedo (o incontro online) quelli che sanno davvero come si fa, non mi resta altro che togliermi il cappello di fronte a maestrie che mi sono evidentemente precluse. E questo vuoi per incapacità mia, ma vuoi anche perché – a 48 anni – i riflessi cominciano a perdersi nel tempo, come lacrime nella pioggia. Eppure, ogni tanto, si accende la scintilla.
All’inizio non te ne accorgi nemmeno: cominci come sempre la tua partita multiplayer a Modern Warfare Remastered in modalità Veterano con la speranza di portare a casa un rapporto Uccisioni/Morti sopra l’unità, percorrendo quasi in punta di piedi i primi metri della zona di respawn. Arriva la prima kill: bene così. Poi la seconda: evvai! Dalla terza cominci a intuire che qualcosa di speciale sta succedendo. Inizi a muoverti più cauto, perché quello “zero” nella casella delle morti – dopo un minuto abbondante di gioco – è una rarità alla quale non sei abituato. Terza kill. Quarta kill. Quinta kill. La tua squadra sta vincendo e tu hai portato a casa metà di quei punti. Sesta kill. Settima kill. Ora le mani cominciano a sudare. La voce di tua moglie che chiede se c’è qualcosa di chiaro da mettere in lavatrice è un’eco lontana: la tua testa trasforma il tutto in un inutile rumore di fondo, perché le sinapsi sono tutte lì, concentrate su cosa sta capitando nello schermo.
Ottava kill. Nona. Decima. Undicesima. Non sei ancora morto una volta. Ti senti come uno che gioca nei campetti di Terza Categoria e – tutto d’un tratto – ti ritrovi nel corpo di Cristiano Ronaldo. Prendi improvvisa coscienza di essere inattaccabile. Perderai malamente i prossimi round e lo sai, ma in questi folli minuti il dio dei videogiochi ha deciso di lasciarti sedere alla sua destra. E quindi ti fai spavaldo, lasciando a marcire in un angolo buio la cautela dei primi minuti.
Dodici. Tredici. Quattordici. Quindici. I nemici cadono come birilli. Corpo e cervello sono invasi dall’impagabile brivido dell’exploit, a tal punto che la pelle ti sembra un involucro troppo sottile per contenere l’orgasmo emotivo che tende tutti i muscoli. Sedici. Diciassette. Diciotto. Diciannove. Venti. Non vorresti finisse mai, ma la luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo. Il match termina e tu hai portato a casa 20 kill e zero morti. “V-e-n-t-i” kill e “z-e-r-o” morti in modalità Veterano. Te lo ripeti nella testa più volte, lentamente, mentre catturi lo screenshot che ti permetterà di bullarti con gli amici e di narrare una storia incredibile ai nipoti che verranno.
La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo
Non riuscirai mai più a fare meglio di così, e lo sai. Dovresti appendere il fucile al chiodo e non lanciare mai più nessuno sparatutto, ché il mondo dei videogiochi è pieno tante altre belle cose cui stai dedicando meno tempo di quanto meriterebbero. Lo farai, ma non ora. Come il giocatore d’azzardo che pesca il filotto e non capisce quando è il momento di fermarsi, resti nella lobby in attesa del lancio di un nuovo match, dove tutto va nel modo sbagliato. L’ardore si spegne e torni a puntare mestamente alla parità tra kill e morti; tuttavia, nulla potrà più grattarti via di dosso il ricordo dell’ebbrezza di quei magici minuti in cui dall’anonimo Bruce Banner ti sei trasformato nell’Incredibile Hulk.
All’improvviso rimembri quella vocina in lontananza. Cos’era l’argomento? Ah già… la lavatrice! Corri come un forsennato a raccogliere le mutande sparse per la casa (manco fossero le piastrine di Uccisione Confermata) e ti precipiti in bagno. Tua moglie ha già fatto partire la macchinata da qualche secondo e ti guarda come si osserva un cane che cerca di attraversare inutilmente uno spazio stretto con in bocca un lungo bastone. Scrolla le spalle, ti fa uno “tze” di sufficienza e se ne va, lasciandoti lì con in mano il tuo intimo a maledire la real life. Ridatemi subito il mio M16, per dio!